Squalo con amo in bocca nel porto di Scilla, ha bisogno di aiuto
Squalo con amo in bocca nel porto di Scilla, ha bisogno di aiuto – Il video L’esemplare una verdesca, appartenente alla famiglia dei Squalidae, ha nuotato per parecchie ore lungo la banchina del porto e presentava una lenza e un amo in bocca
Una verdesca il 7 maggio 2024 è rimasta bloccata all’interno del Porto di Scilla, in Calabria. Le immagini sono state pubblicate su facebook dalla Stazione Meteorologica Sant'Elia di Catanzaro. Lo squalo azzurro, attirata sicuramente vicino alla costa urbanizzata dall'abbondanza di scarti alimentari, come pesci morti, provenienti dalle attività umane, aveva in bocca una lenza che fuoriusciva dal lato sinistro e ha nuotato per ore all’interno della banchina del porto. Si notava infatti una parte di nylon che fuoriusciva dalla bocca. Dopo alcune ore lo squalo ha lasciato il porto e non è stato possibile liberarlo dall’amo. Alcune foto scattate alla verdesca sono diventate virali. La verdesca, è una specie molto comune e, nonostante l’aspetto apparentemente aggressivo, viene considerata pressoché innocua per gli umani. Con l’occasione, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, evidenzia che nel mondo, sono milioni gli squali che rischiano di morire per gli ami conficcati nel corpo. Lo sostiene uno studio condotto dall'Istituto di Biologia marina dell'Università Mānoa nelle Hawaii. Milioni di squali in tutto il mondo, infatti, soffrono "silenziosamente" gli effetti degli ami da pesca che possono restare all'interno delle loro membra per oltre sette anni, provocando gravi danni alla salute, tra cui sanguinamento interno e necrosi. Lo studio è stato condotto dall'Istituto di Biologia marina dell'Università Mānoa nelle Hawaii. La ricerca si è svolta tra il 2011 e il 2019, quando il team ha studiato gli squali tigre nelle acque oceaniche che circondano Tahiti, scoprendo che il 38 per cento presentava ferite da ami o attrezzi da pesca industriali. La pesca con palamito o palangaro, prevede l'utilizzo di un singolo filo che può presentare un numero di ami da pesca variabile da diverse dozzine a diverse migliaia. Questi palangari vengono scagliati nell'oceano e lasciati sul fondo o sulla superficie dell'oceano, dove in genere rimangono per diverse ore prima di essere trascinati indietro. I pescatori commerciali che usano questa tecnica sperano di catturare principalmente tonni e pesci spada di alto valore, evidenzia la D.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito, ma numerose altre specie possono imbattersi accidentalmente negli ami. Nella maggior parte dei casi, i pescatori non vogliono catturare gli squali, che sono semplicemente attratti dall'esca. Se catturati, gli squali spesso rompono o mordono il palangaro, oppure vengono liberati dai pescatori che però non rimuovono l'amo. E così gli squali nuotano via con gli ami nello stomaco, nella gola, nella bocca, attorno alle mascelle o altrove sul corpo. Le ferite superficiali possono causare qualunque tipo di disagio, da una lieve irritazione al sanguinamento interno, mentre un amo ingerito può lacerare i loro organi interni, sostiene la D.ssa D’Agata, sottolineando che gli ami possono anche interferire con l'alimentazione degli squali, avvolgere le pinne e interrompere la circolazione, causando così la necrosi dell'arto.