Il video di un orso che uccide un cervo: non solo simbolo di forza della natura ma segno dei cambiamenti climatici sulla fauna selvatica
Il video di un orso che uccide un cervo: non solo simbolo di forza della natura ma segno dei cambiamenti climatici sulla fauna selvatica. Gli orsi non riescono più ad entrare in letargo
Su Facebook è stato pubblicato un video inquietante, girato in Slovacchia che mostra un orso attaccare un cervo e trascinarlo coi denti, ferito, lungo una strada. Il video è stato pubblicato il 20 dicembre e ha raccolto 1,3 milioni di visualizzazioni, 2.100 commenti e oltre 6.700 altre reazioni. Il video sarebbe stato registrato in Slovacchia, circostanza confermata anche dalle locali autorità. Ma non è questo il solo aspetto sorprendente della vicenda: il fatto rimanda anche alla questione già più volte rilanciata di come mai gli orsi non vadano in letargo, cioè non entrano nel sonno invernale a metà dicembre. In Slovacchia, nel resto d’Europa e non solo, infatti, i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale hanno influenzato anche il processo di ibernazione degli orsi. È noto da tempo, infatti, che i grandi plantigradi in Russia stiano subendo un vero e proprio fenomeno di insonnia, provocato dalle alte temperature, che non gli consente di addormentarsi e di entrare in letargo. È interessante notare che in Slovacchia gli orsi perdono sempre più spesso il periodo di ibernazione a causa del clima più caldo, un fenomeno che è stato riportato da diversi media europei nel corso degli anni. Per colpa di un costante aumento e abbassamento delle temperature, fra le ultime vittime del surriscaldamento climatico ora si annoverano anche gli orsi dell'estremo oriente russo, sottoposti a un clima anomalo che gli impedisce di andare in letargo dopo un inizio d'autunno molto caldo. Osservando infatti i trend metereologici della Siberia o della regione russa dell'Amur nelle ultime settimane, si può notare come le temperature di queste regioni siano risalite un po' dappertutto di molti gradi a partire dalla fine di ottobre, provocando fastidio ai mammiferi che si erano preparati nei mesi precedenti per entrare in ibernazione con l'arrivo delle nevi. Per quanto in alcune aree la temperatura sia scesa (anche di parecchio) sotto zero, ciò non toglie però che durante il giorno le foreste siberiane, come le grandi distese alluvionali, stiano soffrendo per il caldo con una temperatura tra 1,5 e i 2,5 gradi sopra la norma stagionale. A lanciare l'allarme è stata la Autorità per la conservazione della fauna selvatica della regione russa dell'Amur, la cui nota è stata poi ripresa da uno dei principali giornali russi, il Moscow Times, che nel corso degli ultimi anni si è spesso interessato degli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi russi. Secondo quanto viene riportato dalla rivista, gli orsi a causa del caldo non riescono a sprofondare nel dormiveglia e spesso escono dalle loro tane, confusi e affamati, credendo che sia giunta la primavera. Alcuni cacciatori locali li hanno persino visti girovagare vicino le loro tane, in uno stato simile al sonnambulismo o di "mezzo sonno" che non era stato mai osservato a questi livelli finora in natura. Sono infatti centinaia gli animali trovati in questo stato e visto che gli uomini in queste regioni sono pochi rispetto alla grandezza del territorio, probabilmente il numero di orsi ancora svegli è molto più grande rispetto a quello che è stato fornito. Fortunatamente, spiegano i biologi russi dell'Autorità per la conservazione della fauna selvatica, sembra che le femmine incinte o con cuccioli non subiscano questo cambiamento e che quindi a soffrire siano principalmente i maschi o le femmine troppo giovani per avere dei figli. La situazione però non consente agli scienziati di tirare un sospiro di sollievo. Non si sa infatti quando le temperature scenderanno di quei 2-3 gradi necessari per consentire agli orsi di fare sonni tranquilli né si crede che nei prossimi anni la condizione sarà migliore. Seppur infatti il 2023 sia stato infatti proclamato l'anno più caldo finora riscontrato dai meteorologi, il futuro non garantisce che i prossimi inverni siano abbastanza freddi da permettere a questi animali e a tutti gli altri organismi che vanno in letargo di vivere serenamente questa parte dell'anno. Finora gli orsi bruni e gli orsi bruni siberiani (Ursus arctos collaris) si sono preparati al freddo inverno russo cacciando le loro prede – fra cui molti pesci e il salmone taimen – fra la fine di agosto e la prima metà di ottobre. Qualora però il clima dovesse cambiare definitivamente, gli zoologi non hanno ancora chiaro quali potrebbero essere le conseguenze ecologiche di questo cambiamento. Si prospetta persino la possibilità che alcune popolazioni meridionali, già soggetti da tempo ad autunni caldi e a inverni brevi e poco nevosi, possano adattarsi a questo clima, scegliendo di non entrare più in letargo, come accade per esempio all'interno delle popolazioni statunitensi di orsi neri (Ursus americanus). Ciò che è certo è che attualmente gli orsi stanno soffrendo per una condizione impostagli dall'uomo e che nelle prossime settimane c'è il rischio molti animali non siano metabolicamente pronti per l'arrivo delle prime vere forti nevicate. L’evento diventato virale, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, oltre a mettere in luce la pura forza della natura, evidenzia anche gli effetti indiretti di cambiamenti climatici sulla fauna selvatica e dovrebbe focalizzare l’attenzione e la sensibilità di noi tutti sull’importanza della necessità di adottare misure urgenti a tutela dell’ambiente.